Botrytis cinerea, o muffa grigia, è un fungo noto e temuto in viticoltura per la sua capacità di danneggiare le uve in maturazione, provocando danni di entità variabile (che possono essere prevenuti tramite l’uso di prodotti antibotritici, principalmente sotto forma di marciumi e/o necrosi, a seconda delle condizioni ambientali, in particolare dell’umidità dell’aria. Le uve colpite da Botrytis sono estremamente difficili da vinificare in quanto la presenza dell’enzima laccasi, sintetizzato dal fungo, favorisce le reazioni ossidative a carico di numerosi componenti del vino, polifenoli in particolare, determinando scadimenti qualitativi.

Tuttavia, in specifiche condizioni ambientali, caratterizzate da alternanza di umidità e ventilazione, la Botrytis si sviluppa in forma “nobile”. In tal caso la muffa non determina marciumi, bensì appassimento delle uve in pianta e accumulo negli acini di metaboliti in grado di conferire specifiche caratteristiche sensoriali ai vini che se ne ottengono, detti “muffati”, che risultano estremamente apprezzati dal consumatore. I Sauternes prodotti in Francia e i Tokaji prodotti in Ungheria sono i vini muffati più famosi al mondo. Tuttavia in altre regioni viticole, anche italiane, in alcune annate si creano le condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo di muffa nobile sulle uve: per esempio in Lazio e in Umbria.

La non costanza delle annate favorevoli alla muffa nobile in Italia, da un lato, e l’apprezzamento del mercato per i vini muffati, dall’altro, ha portato diversi gruppi di ricercatori a sperimentare la produzione artificiale di questi vini, sia in Italia che all’estero. La tecnica consiste nell’irrorare sospensioni di cellule o spore di Botrytis sulle uve ancora in pianta o già raccolte e conservate in ambiente controllato.

I risultati sono stati spesso incoraggianti dal punto di vista olfattivo: l’analisi SPME-GC-MS dei vini irrorati con B. cinerea ha mostrato un incremento di profumi gradevoli, appartenenti per esempio alle famiglie chimiche degli esteri e dei tioli.

L’Università della Tuscia di Viterbo  ha contribuito in maniera importante a questo tipo di sperimentazioni, che necessitano tuttavia di ulteriori approfondimenti sul fronte della fattibilità tecnica del processo. La sperimentazione di questa Università si è svolta in collaborazione con BioTecnologie BT, che si è occupata della moltiplicazione e conservazione dei ceppi di Botrytis cinerea utilizzati.

L’expertise di BioTecnologie BT in ambito microbiologico si esplica infatti anche nella capacità di purificare, classificare, moltiplicare e conservare in una specifica ceppoteca microrganismi utili o potenzialmente utili per scopi diversi, in agricoltura ma anche in altri settori.